Vermouth Don Guglielmo 1918
1918
Torino
Febbraio, mese freddo e pungente
Corto e intenso
Un prete
Una portinaia curiosa
La Mole
Un palazzo lussuoso
Una contessa
Un malfattore
Un corpo
Il grande fiume
Una valigia
Una testa e una gamba che riaffiorano
Il Po
Questi sono gli ingredienti della storia del Vermouth DonGuglielmo 1918.
Una storia a tinte noire.
Ma, come direbbe la Sciarelli: “andiamo con ordine”.
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Vermouth di Torino mon amour- Don Guglielmo1918 |
Il primo conflitto mondiale segna ancora la città di Torino.
Pietro
Balocco, malvivente di professione, spacciandosi per un ingegnere, affitta un
appartamento nell’attuale via Maria Vittoria.
Da subito, il sedicente ingegnere, conquista la fiducia
della contessa Elisabetta Bianchi Bestini d’Espina, padrona di casa, raccontandole
che l’alloggio sarebbe poi stato destinato a un colonnello, Mario Filipponi,
che a breve avrebbe traslocato da Genova a Torino.
Balocco ingannò la contessa ma non convinse la portinaia,
che da subito dubitò dell’individuo.
Istinto? Curiosità? Certo è che a Giuseppina Oria Bric non
sfuggì l’andirivieni nell’alloggio. Spiando, con occhio vigile e attento, dalla
sua porta i movimenti del Balocco, un giorno, vide salire con il falso ingegnere
un prete. Il nostro Don Guglielmo Gnavi, originario di Caluso.
“Sono sicura che non è più uscito” deve aver detto la nostra
Giuseppina e insistito talmente tanto che alla fine, convinse polizia e
contessa ad entrare nell’appartamento, con uno stratagemma.
Con la scusa di un guasto alla caldaia, le impiccione/coraggiose
signore, con ferma insistenza si fecero aprire la porta dell’appartamento e
intuirono che l’appartamento fu la scena della mattanza.
Pavimento e muri imbrattati di rosso, che il Balocco si
affrettò a dire essere stata la rottura di una bottiglia di vino che gli era
caduta. Ma la debole scusa non reggeva e, approfittando di un attimo di
distrazione delle donne, che intanto giravano per casa, il Balocco prese le
scale e fuggì.
La polizia fece presto ad arrivare al truffatore e qui,
nella sua vera abitazione, fece la macabra scoperta. Dentro ad una valigia il
busto del povero prete.
A distanza di qualche giorno riaffiora dalle acque del Po una gamba.
La testa di Don Guglielmo Gnavi non è stata mai ritrovata.
Arrestato e condannato all’ergastolo, il truffatore si
proclamò sempre innocente.
Si dice che il debito che il Balocco avesse con Don Gnavi
fosse di poche lire.
Per la città sabauda la vicenda del sacerdote ucciso e fatto a pezzi fu un fatto molto grave da scuotere così tanto l’opinione pubblica, che ne nacque un detto popolare:
“Guarda che ti faccio fare la fine di don Gnavi”.
Tutta questa storia è raffigurata nell’etichetta del VermouthDon Guglielmo 1918.
Un teschio, un cappello da prete, le corna del toro simbolo
della città.
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Giorgio Gnavi |
A raccontarla è Giorgio Gnavi.
Brillante, eclettico, artista e chimico. Produttore e
insegnante di scienze.
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Cantina Gnavi |
Indissolubile è il legame tra la sua famiglia, carradori di
origine, e il territorio canavesano. Qui si produce Erbaluce DOCG, ed è proprio
questa la base del Vermouth Don Guglielmo. A questo vengono poi aggiunte con
sapiente alchimia: assenzio, achillea, millefoglie, sambuco, coriandolo,
dittamo, pompelmo, zenzero, arancia, menta e pepe, secondo un’esclusiva
ricetta.
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Erbaluce DOCG |
Di un giallo paglierino intenso, al palato dolce, fresco e ben equilibrato, con persistenti sentori agrumati e floreali al naso.
Sono solo
2500 le bottiglie di Don Guglielmo 1918 prodotte.
Si beve, si degusta, si abbina a formaggi, carni, primi
piatti e a dolci.
Potessi, lo indosserei come profumo.

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Vendemmia Cantina Gnavi |
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