#villanecchi, a #vigevano, nel cuore della #lomellina, una storia italiana
L'ingresso della villa |
“Caro Alfredo, anche a
te voglio far giungere un mio saluto ed una mia preghiera: cura la mia casa, i
miei cani, come fossero cosa tua;
in questi momenti tremendi, dovrete essere
tutti vicini a noi,
a noi che vi
vogliamo bene e non vi
abbandoneremo mai.
Nascondete tutto per
voi e per noi,
siate tutti uniti, vogliatevi bene,
ricordatevi che fuori dal
nostro recinto,
non c’è che malvagità.
Mi raccomando a Giovanni l’orto, digli di
tenere i semi di tutto per un altro anno.
Se ci fosse molta verdura, dividetela
ogni giorno.”
Lina Necchi
Questa lettera, che la signora Lina scrisse durante la seconda
guerra mondiale, indirizzata ai custodi della villa, venne ritrovata in un
vecchio cassetto a Villa Necchi, quando i nuovi proprietari ne entrarono in
possesso.
Degli antichi fasti non c’era più nulla, inghiottita completamente dalla vegetazione, depredata ed
abbandonata per anni.
Dopo un intervento magistrale di ristrutturazione ed un’ineccepibile cura dei dettagli, la villa è tornata a respirare.
Riserva di caccia nel
passato, dove i Savoia erano di casa, e come lo fu ancor più recentemente Carlo d’Inghilterra negli anni Sessanta, oggi,
è un hotel di lusso.
21 stanze, una diversa dall’altra, unico dettaglio comune: un
angelo a proteggere gli ospiti.
Un parco immenso, la chiesetta per sposarsi, un
laghetto, la foresteria, la spa, due sale meeting, l’orto e gli animali.
Un ristorante ricercato dove si
possono gustare i prodotti del territorio interpretati dallo chef Antonio
Danise.
Lo chef Antonio Danise nel suo orto |
Quando giri per le stanze della villa, ti aspetti da un momento
all’altro di incontrare “la” Lina.
Si avverte forte la sua presenza, pare che non abbia mai
lasciato questa casa.
Lina e Vittorio Necchi in un dipinto di Giuseppe Palanti |
Ti accoglie all’ingresso: bella, felice, radiosa, sorridente.
Innamorata.
Con i suoi due cani,
fasciata da un vestito bianco che guarda il marito Vittorio, che trionfante le mostra la preda cacciata. A dividerli
lo stagno.
Un quadro (4x3mt) di Giuseppe Palanti, allora redattore
della rivista #Domus e responsabile della #Triennale di Milano, è tutto ciò che è rimasto di una vita
passata, che pare lontana ma, in realtà, è appena dietro l’angolo.
Una villa, restaurata ed ampliata dall’architetto Giancarlo
Palanti nel 1938, in un coerente stile liberty; la storia di una famiglia, la
storia d’Italia.
La nostra storia.
Necchi. La macchina da
cucire.
Quando il marchio identifica il prodotto e ne è imprescindibile. Capita
spesso.
Genio e la lungimiranza imprenditoriale italiana.
6000 dipendenti nella fabbrica di Pavia ieri, oggi … Un’altra
realtà.
Vittorio Necchi e la sua macchina da cucire |
A pensarci, se guardo indietro, in tutte le case della mia infanzia c'è stata una
macchina da cucire. Ancora negli anni Settanta,
credo, fosse parte integrante dell’arredamento di una casa.
Come il divano, la
dispensa, la tv.
Mobiletti che nascondevano la loro vera identità camuffati
con un centrino, un vaso o un
soprammobile.
Aprivi lo sportello e lì, tutti i fili, le rocchette, le forbici
ed i pezzi di stoffa.
In realtà, ricordo anche i vasetti di colla col pennello
ed i pezzi di pelle per cucire le scarpe.
La macchina da cucire si prendeva sotto braccio, come si fa
con le amiche quando si passeggia, l’accompagnavi con un movimento dolce e si apriva.
I piedi sulla pedana, su e giù con un ritmo naturale e l’ago andava ad unire
due parti.
Non semplicemente cucire.
Unire due parti.
Che è una cosa ben diversa.
Sala Ristorante |
Salone per ricevimenti |
Sala meeting |
Piazza Ducale Vigevano |
Piazza Ducale Vigevano |
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