A cena con un amico immaginario e Leandro Luppi

Sono stata a cena con uomini interessanti, brillanti, intelligenti, profondi e al contempo leggeri. Molti, per fortuna.
A volte però mi è capitato di dover condividere la stessa mensa con uomini noiosi, saccenti e talmente banali con le loro sovrastrutture, che non vedevo l’ora  arrivasse il conto; e non senza timore, lo confesso, che chiedessero pure di fare a metà.
Le pene dell’inferno invece le ho subite durante alcuni momenti conviviali (che di conviviale non avevano un granché), in compagnia di uomini con un ego talmente ipertrofico che se avessi potuto dir loro, ciò che vedevo realmente davanti a me, forse sarebbero corsi a piagnucolare dalla mamma, l’unica vera colpevole di certi disastri che capita di incontrare.
La vita, fortunatamente, ti riserva anche sorprese inattese. 
Mai e poi mai mi sarei aspettata di trovarmi a cena con un amico immaginario e vi posso garantire che è stata una cena divertente, stimolante, talmente surreale che è stata, senza dubbio, una delle esperienze più incredibili che abbia mai vissuto.
Davanti a me l'amico immaginario (c'è chi lo può vedere e chi no)

L’amico immaginario non mi ha voluto svelare il suo nome; e solo a certi uomini, principalmente a quelli immaginari, si concede un tocco di mistero.
L’#unconventional  dinner non è stato un incontro combinato: ci siamo trovati per caso a cena dall’amico comune e la serata è scivolata via talmente tanto bene, che siamo stati gli ultimi ad alzarci da tavola.
Ironico, tagliente e caustico, a tratti cinico, concreto ma sfuggente nella sua genialità. 
L’amico immaginario si confonde con l’amico analogico. 
E non poteva che essere così. 
Evviva! Finalmente un po’ di sana sagacia!!!
La complicità dei due amici: uno scopre i lati nascosti dell’altro; uno scambio di ruoli rapido ed improvviso, un’impresa stare al passo.

Quel sorriso accennato che nasconde l’universo di chi fa fatica a raccontarsi ma che ha il pregio di non prendersi troppo sul serio e come diceva il signor Anonimo:“ Beati quelli che sono abbastanza intelligenti per non prendersi sul serio”.



Lo scenario è il lago di Garda, sponda veneta: in un paesino che sembra appena uscito da un libro di fiabe. L’acqua cristallina che cangia le sue sfumature dal verde smeraldo all’azzurro, fino al blu più intenso; un castello là, sulla rocca, un intreccio di stradine acciottolate bianche e nere. Un fermento di gente. Tutti col sorriso.

 
(Per la cronaca, sorridevano pure quelli che ho incontrato il giorno dopo alle sette di mattina già in acqua con muta e windsurf. Ovviamente non era la mia stessa espressione visto che mi ero fatta una violenza inenarrabile alzandomi all’alba per andare a correre.)
L’amico immaginario, all’inizio, era un po’ schivo; ha fatto fatica ad aprirsi ma, a stemperare il disagio di un incontro balzano, ci hanno pensato Arturo e Nano.
Arturo
Arturo si è subito seduto a fianco a me, c’è  stata un’ intesa pronta. Appena ci siamo visti ho capito che potevo contare su di lui; sarà perché è una pura razza “Royal Metich” e tra gente della stessa razza, ci si intende. 
Con Nano le cose sono andate come dovevano andare. 
Si è seduto al suo posto, non mi ha mollato un secondo, pur facendo finta di niente. Ad un certo punto mi ha sussurrato in confidenza:” Guarda che qui, tutto questo è normale, sono 13 anni che vivo con Leandro, lo conosco da una vita.  Non lo dà a vedere ma ha un cuore grande, pensa che è stato lui a nutrirmi quando nessuno mi voleva.” 
Nano
E poi si riaccomoda restando in silenzio tutta la sera. 

“Leandro si prende cura degli altri” penso. E ripenso.

Capasanta e “tartara”
Un amico immaginario, un cane ed un gatto.
E poi c’è quello che tutti vedono, degustano, sanno e raccontano.
Ineccepibile.

Lavarello aglio olio e peperoncino
Un menù fatto di territorio, dove il lago incontra le valli circostanti ed il mare parla con gli alpeggi , dove il vino è quello di una lunga tradizione, tutto inserito in un contesto equilibrato con alcune dettagliate pennellate di estrosità.
C’è colore, arte, musica, creatività.


E poi c’è quello che non si vede ma si percepisce.
Un uomo che ama giocare con se stesso, che racconta con leggerezza un po' di sé o lo fa raccontare dall'universo che lo circonda. 
Ri-ripenso:" Che strano personaggio", e poi decido di non pensare più e mi immergo in questa atmosfera surreale dove mi sento a casa.

Leandro Luppi, chef

”Sono io comunque. Sono una persona che fa lo chef . Non voglio essere identificato per quello che faccio ma per quello che sono”. E non aggiunge altro. Non ce n'è bisogno.



Sarà stata per l’ora tarda, sarà perché non era in vena o semplicemente una questione di carattere; resta il fatto che la Irma, una papera corritrice indiana, non si è fatta fotografare e si è andata a nascondere.



E comunque si è raccomandata di portarvi i suoi saluti e vi aspetta con Leandro alla VecchiaMalcesine.



Salmerino animelle e humus




Anguilla, mela e zenzero




Rock, il tiramisù




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